Si chiamavano Cesare Terranova e Lenin Mancuso e sono stati uccisi dalla mafia il 25 settembre 1979

Siamo a Palermo. È il 25 settembre 1979. Il maresciallo Lenin Mancuso è a bordo della Fiat 131 di servizio. Sono passate da poco le 8:30 quando raggiunge l’abitazione di Cesare Terranova, giudice istruttore del Tribunale di Palermo.  Il maresciallo Mancuso lascia il posto di guida a Terranova e la Fiat 131 riparte. Poco dopo, in una strada secondaria fra la via Rutelli e la via De Amicis, che erano soliti percorrere nel tragitto tra la casa di Terranova e il Tribunale di Palermo, ove aveva il suo ufficio, un’interruzione temporaneo gli impedisce di proseguire. La Fiat 131 si trova, all’improvviso in un “cul de sàc”. Un’auto la affianca. Si abbassano i finestrini e, all’improvviso, una pioggia di fuoco di proiettili esplosi da un fucile Winchester e da diverse pistole si abbatte su Terranova e Mancuso che estrae la sua Beretta di ordinanza e risponde al fuoco. Non c’è scampo per Cesare Terranova e Lenin Mancuso morirà poche ore dopo in ospedale. Chi era Cesare Terranova?

Cesare_Terranova 200Cesare Terranova era nato a Petralia Sottana, nella zona del Parco delle Madonie, nei pressi di Palermo, il 15 agosto 1921. Entrò in magistratura nel 1946, poco dopo la fine della seconda guerra mondiale. Prima esercitò come pretore a Messina e poi a Rometta. Nel 1958 si trasferì dal tribunale di Patti a quello di Palermo. Qui avviò i primi grandi processi di mafia contro Luciano Liggio e altri boss di Corleone.

“Oggi si parla di quarta mafia, la terza, la quinta, ma la realtà è che la mafia è sempre una, ha una sua continuità; si succedono naturalmente i capi, i personaggi, cambiano i sistemi operativi, cambiano gli obiettivi di lucro, ma la mafia è sempre quella”.

Il giudice Terranova intuì la pericolosità della nuova leva detta dei “viddani”, che avevano sterminato Michele Navarra e i suoi fedelissimi, sostituendosi a loro. E non solo. Fu Cesare Terranova che comprese, tra i primi, la trasformazione della mafia siciliana. Fu il magistrato che mise, per iscritto, nella sentenza istruttoria per la strage di viale Lazio, avvenuta il 10 dicembre 1969, che gli amministratori comunali di quel tempo rappresentavano il “centro propulsore della nuova mafia”.

Procuratore d’accusa anche nel processo di Bari contro Liggio, Totò Riina, Bernardo Provenzano e Calogero Bagarella, nel 1969 Terranova venne sconfitto da una sentenza di assoluzione per quasi tutti gli imputati. Nel 1972 venne eletto come indipendente nelle liste del Partito Comunista Italiano alla Camera dei Deputati e qui rimase sino al 1979. Membro della Commissione Parlamentare Antimafia della VI legislatura, insieme a Pio La Torre, firmò la relazione critica di minoranza, dove venivano evidenziati i rapporti tra mafia, politica e imprenditoria. In particolare si trattava di esponenti di spicco della democrazia Cristiana, quali Giovanni Gioia, Vito Ciancimino e Salvo Lima. Chiusa l’esperienza parlamentare, Terranova decise di tornare in magistratura per essere nominato Consigliere presso la Corte di Appello di Palermo. Dopo la morte del marito, nel 1982, la vedova Giovanna Giaconia partecipò alla fondazione dell'”Associazione donne siciliane per la lotta contro la mafia”, di cui fu da subito presidente.

Sulla base delle prime indagini processuali, Cosa Nostra decide che il magistrato è un ostacolo e ne ordina il suo assassinio. Il mandante è Luciano Liggio, gli esecutori sono Giuseppe Giacomo Gambino, Vincenzo Puccio, Giuseppe Madonia e Leoluca Bagarella.Nel corso degli anni il processo è stato riaperto è sono state emesse altre condanne contro la “Cupola palermitana” e nei confronti di altre 7 persone che hanno dato “il permesso” di uccidere Terranova: Michele Greco, Bernardo Brusca, Pippo Calò, Antonio Geraci, Francesco Madonia, Totò Riina e Bernardo Provenzano.

mancuso 200Lenin Mancuso era nato a Rota Greca il 6 novembre 1922. Appartenente alle forze di polizia, era il maresciallo della Polizia assegnato alla scorta del giudice istruttore del Tribunale di Palermo Cesare Terranova. Oltre ad occuparsi della scorta fu anche stretto collaboratore di Terranova e, nel 1971, durante il mandato di Terranova a procuratore di Marsala, partecipò alle indagini del “mostro di Marsala”, un caso di cronaca nera di triplice rapimento e omicidio di tre bambine.

(rg)