Si chiamava Antonio Varisco ed è stato ucciso da quattro colpi di lupara il 14 luglio 1979

Siamo a Roma. È il 14 luglio 1979. Antonio Varisco è sulla sua Bmw e sta percorrendo il lungotevere Arnaldo da Brescia. Sono le 8:25. Due uomini, ancora oggi non è chiaro se a bordo di una motocicletta o di un’auto, lo affiancano ed esplodono nei suoi confronti quattro colpi di lupara. Antonio Varisco muore all’istante. I suoi killer si danno alla fuga e utilizzano bombe fumogene per coprirla e creare confusione. Ma chi è Antonio Varisco? Chi sono i due uomini che utilizzano lupare nel centro di Roma?

Originario di Zara, città dalmata che divenne italiana nel 1918, Antonio Varisco, diventa ufficiale dei carabinieri nel 1957, all’età di trent’anni. La sua prima destinazione è Roma, dove ha il compito di riorganizzare la sicurezza degli uffici giudiziari. Nel 1973, nel pieno dell’emergenza contro il terrorismo, viene promosso Maggiore e diviene responsabile del Nucleo di Polizia Giudiziaria di Roma. Nel 1976, Varisco costituisce il “Reparto Servizi magistratura”, specializzato nell’analisi e le indagini riguardanti quella sottile linea di confine che c’è tra politica e forze eversive. Frequenta Mino Pecorelli, il direttore di OP che verrà ucciso il 20 marzo 1979. L’attività professionale di Varisco lo porterà a imbattersi in alcuni importanti casi: lo scandalo Lockheed, quello dell’Italcasse, La Rosa dei Venti e quello relativo ad una loggia massonica segreta poi comunemente denominata P2 (indagine che porterà il colonnello a indagare alcuni superiori, per esempio il generale Santovito, capo del SISMI, il servizio segreto militare). A incaricare Varisco di questi accertamenti sarà il giudice Vittorio Occorsio, poi ucciso da Pierluigi Concutelli ex esponente di “Ordine Nuovo”, movimento neofascista sciolto nel 1973 dal ministro degli interni Paolo Emilio Taviani.

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I funerali del tenente colonnello Antonio Varisco

Il suo omicidio è stato, più volte, rivendicato dalle “Brigate Rosse” e si autoaccusarono Antonio Savasta e Rita Algranati, leader e sodale della colonna brigatista romana. Antonio Varisco sarebbe dunque stato ucciso dalla colonna romana. Il suo nome, in effetti, compare in una lista di possibili obiettivi trovata nel covo di viale Giulio Cesare dove vengono catturati Adriana Faranda e Valerio Morucci. Il condizionale è d’obbligo, per una vicenda che rimane avvolta da non poche ombre. Innanzitutto le armi usate. fucile a canne mozze, lupara, e pallettoni sembrano essere più adatti a un commando mafioso che a uno brigatista. Così come l’uso bombe fumogene marca Energa per coprire la fuga, sistema mai utilizzato in quegli anni dall’eversione , invece, tipico delle strutture paramilitari che, in quegli stessi anni, sono stati il braccio armato dello Stato e delle organizzazioni mafiose.

Antonio Varisco era nato a Zara, il 29 maggio 1927. Entrò nell’Arma dei Carabinieri nel 1957 e raggiunse il grado di tenente colonnello. Fu ucciso da quattro colpi li lupara nel centro di Roma il 14 luglio 1979. Nel 1982 fu conferita alla memoria di Varisco la Medaglia d’oro al valor civile, con la seguente motivazione:

”Comandante del Reparto Carabinieri Servizi Magistratura, assolveva i suoi particolari e delicati compiti con assoluta dedizione, responsabile impegno ed ammirevole tenacia, pur consapevole del gravissimo rischio personale per il riacutizzarsi della violenza eversiva contro l’intero ordine giudiziario. Fatto segno a numerosi colpi d’arma da fuoco in un vile e proditorio agguato tesogli da un gruppo di terroristi, sublimava col supremo sacrificio una vita spesa a difesa della collettività e delle istituzioni democratiche”

(rg)